Noi del sito "The School Of Rap" siamo lieti di annunciarvi la nostra prima intervista!
L'intervista è al rapper J.O.D. da poco uscito con il mixtape freedownload "Cotton Club" che trovate Qui!


01 Introduzione, parliamo un po’ di te: a che età hai iniziato ad esplorare il mondo del rap, e che cosa ti ha spinto per la prima volta a confrontarti con le rime?  


Ho scoperto il rap intorno all’età di 10 anni nel 96, 97’ grazie a mio fratello che si comprò il primo disco di Puff Daddy “No Way Out”. Grazie a quel disco ascoltai per la prima volta artisti come Notorious B.I.G., Busta Rhymes, Lox, Black Rob, Mase, Jay-Z, tutti featuring in quell’album. Nello stesso periodo vidi per la prima volta il film “Clockers” di Spike Lee e rimasi folgorato dalla colonna sonora associata alle immagini della pellicola. Da quel periodo in poi feci di tutto per sapere più cose possibili sul genere e verso gli 11 anni provai per gioco a scrivere le prime rime.
E’ stata la pura passione e l’amore per il rap come genere musicale che mi ha spinto a provare a scrivere.

02 Parlando adesso dell’album, la prima domanda sorge spontanea. Cotton Club: ovvero, il palcoscenico Harlem-iano di Duke Ellington, Louis Armstrong e molte altre leggende del jazz. Come mai questo riferimento?

Il Jazz ed il Blues sono stati i primi generi musicali che abbia mai ascoltato, anche involontariamente, in quanto era la quasi sola musica che mio padre aveva ed ha nel giradischi  in casa. Mi è sempre piaciuto il connubio Jazz-Rap, non solo per quanto riguarda le radici e l’influenze musicali di entrambi i generi, ma anche per lo stile degli artisti, per le vite a volte al limite della legalità, per le atmosfere in locali fumosi e con belle donne, per i tipi di balli. Con “Cotton Club” ho voluto mettere in scena un mini film e creare un ponte immaginario tra il mondo del Jazz anni 20 ed il mondo del rap contemporaneo.

03 Molte delle tracce prodotte portano il marchio di Severe Beats e P- Tech Santiago (entrambi produttori hiphop/r’n’b svedesi): come sono nate queste collaborazioni? Che cosa ti ha spinto a guardare al di fuori del panorama di produzione italiano?

Collaboro con entrambi i produttori dal 2006. Li ho conosciuti musicalmente tramite Myspace. Le collaborazioni per i brani nascono al 90% grazie ai loro beats, l’idea del brano e del testo la concepisco quasi sempre dopo aver avuto la strumentale. La mia fortuna è che ho un bel gruppo di produttori, ognuno con un differente “suono”, che crede in ciò che faccio. Guardare al di fuori del panorama italiano è qualcosa che faccio sempre per un motivo molto semplice: in Italia l’importanza del brano è data quasi tutta dal testo e dalle liriche, tralasciando il più delle volte il valore musicale della traccia. Con i produttori europei o statunitensi il discorso è differente in quanto sono produttori la cui musica viene ascoltata in differenti paesi del mondo, senza capire le parole, quindi tengono a produrre strumentali , a mio avviso, più musicali, più orecchiabili.
C’è un secondo motivo che non nascondo, in Italia ho riscontrato nel mio piccolo, molta difficoltà nel saper apprezzare il lavoro altrui, con il risultato che molti dei piccoli producers italiani si limitano a collaborare con l’artista locale, senza voler allargare la propria visione e restando ancorati alla propria “scena” cittadina o regionale.

04 Invece, qual è il tuo punto di partenza quando scrivi un testo? A cosa dai più peso quando scrivi un verso, e che tipo di atmosfera miri a creare di più?

Nel 90% dei casi il mio punto di partenza è dato dalla strumentale, che non debba essere per forza rap. A volte scrivo su brani rock o soul che sto ascoltando, per poi riusare il testo per una mia traccia ufficiale. La cosa a cui do più peso quando scrivo è la musicalità. Quasi ogni persona sa dire delle cose profonde, originali o innovative se vuole e non ci vuole molto ad imparare ad andare a tempo se si è predisposti, ma per me ciò che conta di più è il come queste cose vengono dette, come vengono pronunciate, le parole per me non devono essere semplicemente “rappate” con flow e quant’altro, ma devono incastrarsi musicalmente con la base, devono completare le note del beat.
L’atmosfera che tendo a creare dipende dal tipo di brano o dal tipo di progetto, anche se non mi piace l’effetto camaleonte, intendo dire che le situazioni cambiano di continuo ma la persona e l’artista resta sempre lo stesso.  In definitiva l’atmosfera che mi piace creare di più è quella cinematografica, vissuti reali con un pizzico di romanzato.

05 Il 1920 è un tema ricorrente dell’album (basti guardare il titolo): in particolar modo, nel pezzo “Periodo d’oro” si traccia una sorta di parallelo tra la Chicago de “Gli intoccabili” e la tua città, Pescara: come nasce questo ponte spazio temporale tra il presente italiano “bello e stupido” e il passato proibizionista statunitense? Quanto influisce su di te e le tue produzioni la tua regione/ città di provenienza?

Nel brano “Periodo d’oro” ho voluto giocare con la vicenda del proibizionismo alcolico statunitense. Nella mia traccia ciò che viene proibito è il rap ed io recito l’Al Capone della situazione che, con metodi non convenzionali, vende il proprio prodotto.
Il ponte temporale tra l’Italia di oggi e l’America di prima nasce da situazioni sociali stranamente simili. Ciò che accomuna i due periodi ed i due Paesi è una crisi non economica bensì morale, una crisi di sistema. Al Capone negli anni 20 era colluso con gran parte della politica di Chicago, con il sindaco, con la polizia, con molti dei colletti bianchi dell’alta finanza. E’ questo il messaggio latente del brano. Oggi, 80 anni dopo, in Italia abbiamo non solo al governo, ma anche negli enti locali, alle regioni, situazioni non così distanti da quelle vissute dai gangsters americani durante il proibizionismo. Alla base di fondo per la creazione di “Periodo d’oro” c’è l’amore per il cinema ed in particolar modo quel film “Gli Intoccabili”.
La mia città è parte della mia musica. Pescara è dovuto sono cresciuto, dove ho amato il rap, dove mi sono formato. Oggi non ci vivo più stabilmente, ma inconsciamente molte degli argomenti che tratto sono influenzati dalle esperienze che ho avuto a Pescara.

06 Se dovessi scegliere un altro paese dove vivere (in riferimento alla traccia “Tranquillao”), quale sceglieresti? Quali sono secondo te i punti di forza del nostro paese anche in un momento così difficile, e per cui vale la pena sentirsi italiani e fare musica nel nostro paese?

Non c’è un posto preciso dove vorrei vivere stabilmente. Mi piacerebbe poter visitare e vivere in più località possibili. Il brano “Tranquillao” è stato scritto dopo un viaggio di ritorno di mio fratello dal Brasile, mi raccontò talmente tante storie a riguardo che decisi di farci un pezzo. L’Italia è un  Paese stupendo, culturalmente immenso e credo ci sia un’ottima qualità della vita rispetto ad altri Paesi. Purtroppo nel corso dei decenni, abbiamo importato usi e modi di pensare non nostri, soprattutto dagli Stati Uniti. Invece di prendere come esempio Paesi più vicini come la Francia, la Germania, la Svezia o l’Irlanda, abbiamo seguito quel mito consumistico che non è adatto credo ad una società come quella Italiana. I ritmi italiani sono lenti, seguono ancora i ritmi della natura, i ritmi delle piccole strade e delle città che in fin dei conti non sarebbero da definirsi come tali.
Credo che anche in un momento economico/sociale difficile come questo, il popolo italiano abbia molte risorse per potersi rialzare dalla possibile caduta. Vale la pena sentirsi italiani quando la legalità e la giustizia morale è presente all’interno delle istituzioni. Purtroppo agli occhi del mondo passiamo per quello che non siamo, per colpa di molti rappresentanti che non hanno il merito di essere definiti come “politici”. Per me è molto più importante fare musica in questo periodo che in altri. La persone hanno bisogno di svagare la mente anche per 3 minuti grazie ad una canzone, la musica potrebbe essere un ottimo modo per evadere  e svagarsi.

07 Nell’ultimo anno siamo stati tutti testimoni del forte boom del rap italiano, in particolare per quanto riguarda i nuovi giovani talenti: c’è qualcuno di loro che ti interessa particolarmente e che ritieni abbia davanti a se un successo duraturo? 

Ci sono differenti artisti che mi piacciono per come lavorano ma non saprei dirti chi possa avere un successo duraturo. Mi piace il lavoro di Joice, rapper di vicino Pescara, rispetto molto la musica di Caneda e mi piace la scena che si è creata a Napoli e dintorni.


Grazie allo staff di School of Rap per l’intervista e un saluto a tutti i lettori e followers del sito.

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